lunedì 27 gennaio 2014

Ho scoperto il "Bardiccio"

Il Bardiccio Fiorentino


      Sempre alla ricerca della nostra storia, alla ricercsa dei sapori perduti, girovagando per notizie, libri ed antiche storie ho scoperto questo antico insaccato.

Ritornare alle origini, riportare sulla tavola i sapori di una volta per sapere cosa stiamo perdendo, recuperare le abitudini, la vita reale di ieri.. per mantenerla e potervi riaccedere in ogni momento.

Quindi il Bardiccio, già il nome ci riporta ad una Firenze d'altri tempi, un piatto ed una  necessità come solitamente erano costretti i nostri avi nel passato, "da necessità virtù" si diceva, e così sono nati tanti piatti oggi vanto dell'arte culinaria toscana ed italiana.

Il maiale, che si utilizza tutto, non si scarta niente... ed ecco questa salsiccia, più lunga del normale, con l'aroma di Firenze usato a profusione e l'aggiunta del manzo, si utilizzava nel Valdarno, dove probabilmente è nato, e la città lo ha assorbito per poi disperderlo nel progresso che ha divorato molte delle nostre abitudini. Fortunatamente qualcosa è rimasto e lentamente sta tornando fuori.
Per questo è diventato un presidio dello Slow-Food (leggete la scheda) in modo da essere protetto e dare a tutti la possibilità di gustarlo ancora. 
Ma si può trovare anche altre notizie, wikipedia si è interessata a questo (Bardiccio ) ma anche turismo in toscana e altro.. fino a diverse sagre paesane proprio in onore di questo prodotto.

Per la nostra osteria un connubio,  fra tradizione ed innovazione, lo proponiamo in una rosetta di pane toscano croccante e morbido con per pecorino toscano fuso sopra i fagioli cannellini ed un fantastico olio extravergine di oliva.. le nostre patatine!! 


sabato 11 gennaio 2014

Tartufi in Toscana



Il tartufo trova in Toscana il suo ambiente naturale vi si trovano un po’ tutte le tipologie e molte sono zone adatte alla raccolta.

Nell’antichità si considerava il “cibo degli Dei” un potente afrodisiaco per il Dio Giove! Nell’antica Roma si consigliava di cuocerli sotto la cenere e servirli con il miele. Da sempre  è stato considerato un prodotto particolarmente ricco e particolare solo per tavole più esigenti ed eleganti.

Tartufoi bianco - Toscana
Il  Tartufo  è un fungo ipogeo, cioè un fungo che nasce vive sempre sottoterra, si presenta come un tubero con una corteccia esterna, in alcuni casi anche molto delicata, (peridio) ed una polpa interna (gleba) più o meno consistente.

La raccolta si protrae per tutto l’anno anche ogni periodo ha i suoi tartufi variando per tipo a secondo delle stagioni e del clima.

Tartufo bianco – Tuber Magnatum Pico
Raccolta: Settembre/ ottobre fino a dicembre
Caratteristiche organolettiche: esternamente ha  una superficie liscia di colore giallo ocra o giallo olivastro. La polpa interna è bianca giallastra con sfumature marroncine che variano a secondo della maturazione, del tipo di suolo e alla pianta con cui vive in simbiosi: ad esempio i tartufi che nascono nei pressi in una quercia, presentano una gleba color nocciola, mentre quelli che crescono vicino ai faggi, sono più rossicci. Ha un profumo particolarmente accentuato e particolare, di formaggio e aglio; il sapore, può sembrare leggermente piccante e vagamente simile a quello del formaggio grana.
Habitat: è diffuso soprattutto in Umbria, in Piemonte, in Toscana e nelle Marche.

Tartufo Nero Pregiato o Tartufo di Norcia – Tuber Melanosporum
Raccolta: da metà Novembre a metà Marzo (sempre in base ai calendari regionali)
Caratteristiche organolettiche: il peridio si presenta come una superficie verrucosa nera, con piccole zone rossastre se il prodotto è immaturo. La gleba è di colore nero-bruna con lievi venature biancastre molto fitte. Il profumo è aromatico, non troppo pungente, e il sapore delicato.
Habitat: largamente diffuso nell'Appennino Centrale, in Piemonte e in Veneto. Può essere coltivato in terreni idonei appositamente rimboschiti con specie arboree particolari.

Tartufo Bianchetto o MarzoloTuber Boschii Vitt.(o albidium)
Raccolta: dal metà Gennaio fino al Aprile
Caratteristiche organolettiche: il peridio è liscio e il colore può variare tra il bianco ocra e l'arancio scuro o molto scuro. La gleba è inizialmente biancastra, poi con la maturazione assume una colorazione rossastro bruna; presenta venature piuttosto larghe ma rade, ramificate, biancastre che poi si imbruniscono, con il passare del tempo. Il profumo è penetrante e ricorda l'aglio, e il sapore, non particolarmente gradevole, lo rende talvolta indigesto anche dopo la cottura.

Tartufo Nero Estivo o Scorzone Vitt.Tuber Aestivium
Raccolta: dal 1 Maggio al 31 Agosto
Caratteristiche organolettiche: il peridio presenta un colore nero, con verruche sporgenti, di grosse dimensioni, che lo rendono tipico. La gleba è di colore nocciola con numerose venature biancastre, più o meno sottili. Il profumo è più delicato di altri tartufi neri e il sapore ricorda quello dei funghi porcini.



Ci sono poi ancora molti altri tipi di tartufo, meno noti ma comunque interessanti e validi come il Tartufo nero liscio, tartufo uncinato, Tartufo di Bagnoli, Tartufo nero d’Inverno, tartufo Moscato, ecc..

In ognuno delle tipologie, il miglior modo per gustarlo è tagliarlo in fette sottilissime da lasciar cadere leggere a crudo sulle varie pietanze ed apprezzare a pieno il sapore intenso e delicato di questa ulteriore ricchezza della nostra terra.

martedì 7 gennaio 2014

I sapori di Toscana sono veramente tanti!

Sicuramente la caratteristica principale della cucina Toscana è la varietà di piatti, di ingredienti, di cotture ... e di storie che racchiude.
Per ogni provincia, ogni zona, ogni paese troviamo differenti sapori e ricette che restano legate alla realtà del territorio, alla storia, alle diverse produzioni agricole che hanno fatto la fortuna della Toscana.
Quindi non solo sul mare... Pesce! Nel Chianti .... vino!  Ma anche tante altre particolari realtà  e dettagli che fanno la differenza ma che oggi, a prima vista non notiamo e che però dobbiamo ricercare per capire le peculiarità di questo territorio meraviglioso.
Per spiegare tutto questo bisogna tornare indietro nei secoli, e ricostruire la storia di questa terra che da sempre è stata spezzettata e sminuzzata in migliaia di stati e staterelli che vivevano chiusi nelle loro realtà. 
Possiamo tornare indietro al feudalesimo per trovare la più alta frammentazione mai vista di territori autosufficienti, retti da un economia propria che si sviluppava all'interno anche per i dazi e le gabelle che si pagavano semplicemente attraversando quelle che oggi potremmo definire le "dogane" ai confini di ogni territorio. Ma col passare degli anni non cambiò niente anzi... Arrivammo all'età dei comuni, le città stato, per poi trovare Firenze quale "centro del mondo" almeno dal punto di vista bancario, e qui, che i territori iniziarono ad unirsi, anche se i vari punti di potere tenevano ancora ben strette le loro maglie. Firenze, con i Medici, Siena, con l'influenza della Chiesa, Pisa, da sempre antagonista della città del fiore. L'unione vera, fisica, ed anche delle persone si è raggiunta solo oggi, con l'unità d'Italia, 
Questo lo sentiamo bene nella lingua, ogni città, ma anche ogni paese ha il proprio gergo, i propri modi di dire, ed anche se non ci facciamo più molta attenzione basta poco per rendersi conto che anche per la cucina è la stessa cosa, ci sono piatti che cambiano le loro caratteristiche anche solo con pochi chilometri di distanza, quando addirittura non troviamo vede e proprie rivoluzioni.
Siena e Firenze ne sono sicuramente l'emblema. Sono state da sempre acerrimi nemici, i loro confini sempre in guerra, una sotto l'influenza della Chiesa, l'altra sotto gli interessi politico/bancari delle Signorie, due modi di vedere e costruire il futuro completamente diversi, e così troviamo due lingue molto diverse e due cucine con piatti addirittura esclusivi per ognuna delle città;
come il peposo di Firenze o per Siena i dolci del Natale, cavallucci, ricciarelli, panforte.
Ma ci sono poi differenze meno marcate ma sempre da evidenziare, il lampredotto, o più comunemente la trippa, che sicuramente erano apprezzati ovunque, ma solo a Firenze trovavamo un "trippaio" ad ogni angolo della via, come se questo fosse l'unico piatto che tutti volevano, o che potevano permettersi! 
Il pane sciapo, senza sale, che sta sempre più ampliando il proprio bacino di interesse, era tipico di Firenze in quanto Pisa, a causa del l'ennesima guerra, aveva bloccato l'Arno ed il sale non arrivava più, quindi fu naturale dare alle pietanze più sapore, aiutati anche da un vino  forte e potente del territorio, il Chianti, ed anche quando il sale tornò ad abbondare oramai un pane così serviva a bilanciare e calmare la potenza di certi piatti ricchi e decisi.
Ci sono poi piatti che hanno lo stesso nome ma che cambiando zona variano gli ingredienti, come l'acqua cotta, che nel grossetano troviamo con l'uovo ed invece salendo sulle colline, nel Casentino, si arricchisce di funghi. 
Il cacciucco di Livorno, le "cèe" particolari della foce del fiume Cecina, oggi vietatissime...
A Lucca il buccellato, a Montecatini e Pistoia "i beffa notti".
Ma potrei continuare così all'infinito, mi piacerebbe lasciare a voi il piacere di vagare per la nostra regione e scoprire i piatti ancora unici e caratterizzanti di ogni zona o paese o..... che incontrerete...
In attesa di leggere le vostre scoperte..

lunedì 6 gennaio 2014

Arrosto morto!

Come sempre i fiorentini riescono a confondere le acque, a "mischiare le carte in tavola" e rendere anche le cose più semplici un vero rompicapo. Ma sarà proprio così?
Se poniamo un po' di attenzione ed iniziamo a comprendere il modo di pensare di noi toscani ci accorgiamo che tutto ha una sua logica e ciò che apparentemente non è... va a suo posto, come tanti mattoncini che lentamente si ricompongono mostrandoci la propria essenza ed il vero significato che si vuole esprimere. 
Sto parlando del linguaggio per immagini, il "linguaggio figurato" che specialmente a Firenze viene usato con leggera non curanza rendendo difficilmente comprensibile il dialogo con "gli stranieri o forestieri", se così vogliamo appellare chi per questi luoghi ci passa e non ci vive!
Così troviamo tanti esempi, tante parole che ne sono la diretta espressione; la Sita, il licitte, punto, l'arrosto morto, ma si potrebbe continuare all'infinito.
Sono tutte parole che rendono colorito il nostro linguaggio e lo fanno diventare ciò che è..
...e spero che vorrete contribuire anche voi con le vostre frasi, le vostre parole per rendere un po' più completo questa specie di dizionario per immagini.

La Sita - era ed è ancora la società che gestisce gli autotrasporti pubbici. Tutti i pullman, da sempre, portano questa scritta sul fianco e lentamente tutti  hanno sostituito il sostantivo "pullman" con "Sita" intendendo con questo il bus che ogni giorno assolve a questo servizio pubblico.
Ricordo uno spettacolo di teatro popolare in vernacolo con amici di Torino che da poco erano qua e su una scena dove si sparlava della sita, mentre tutto il pubblico si ripiegava dal ridere questa coppia ci guardava con aria interdetta e con pieno sbigottimento continuava a chiederci cosa c'era di così divertente.

Il Licitte -  con l'accento che cade sull'ultima e. Una parola caduta in disuso anche a Firenze, ma ricordo ancora i nonni che la utilizzavano normalmente. Deriva dalla frase: "dove è lecito" e indica il W.C. ma con un termine totalmente italiano/fiorentino ed anche elegante, vorrei aggiungere, e non vedo perche dobbiamo inglesizzare anche il cesso!

Punto - nel senzo di poco. "... non ce n'è punto" "....non mi garba punto" , tal volta diventa un intercalare che si aggiunge come a completare una frase. Ma per chi non vede quanto può essere piccolo un punto, non lega all'immagine questa parola e capirne il significato diventa quasi impossibile.

Arrosto morto - Questo è proprio il linguaggio figurato per antonomasia, qui il fiorentino si è proprio sbizzarrito!! Per spiegare questa parola bisogna tornare indietro nel tempo, al rinascimento ed anche prima, quando gli arrosti erano il piatto centrale dei grandi ricevimenti, sia di selvaggina che di grandi animali interi che infilzati venivano messi allo spiedo e cuocevano per ore girando di fronte al fuoco vivo. "Girando" è questa la chiave di tutto, infatti si muovevano ed era come fossero vivi! un arrosto che si muove... gira! In contrapposizione all'arrosto della massaia in campagna, che lo preparava con ogni tipo di animale da cortile e veniva fatto in teglia, a pezzetti piccoli e girato solo il necessario... un arrosto "immobile" ... morto!!

Adesso a voi comtinuare...

CARABACCIA - La zuppa di cipolle di firenze



Che nome buffo!  Ma come poteva essere diversamente a Firenze?
 Carabaccia deriva dal greco karabos che significa “barca a forma di guscio” che sicuramente si riferisce al contenitore con la quale si serviva. Infatti nel ‘500 la zuppiera si chiamava carabazada  ed è con questo nome che Cristoforo Messisburgo nomina questa zuppa  nel suo famoso ricettario.
La carabazada o carabaccia era la zuppa di cipolle,  di Firenze semplice e dal sapore deciso, come i fiorentini,  era un piatto che pare fosse molto amato anche da Leonardo da Vinci che da buon vegetariano lo esigeva anche ai banchetti  ufficiali.
Questa zuppa,  certamente, fu una delle ricette che Caterina de’ Medici si portò in Francia, e la “francesissima” soupe d’oignon non è altro che una discendente diretta della carabaccia fiorentina.
Per parlare della ricetta originale bisogna tornare alle realtà del tempo, infatti,  durante il Rinascimento si usava molto esaltare il gusto dolce dei cibi, e quando gli ingredienti non lo permettevano si univa miele o zucchero. Famoso i tortelli di zucca alla mantovana, che Messisburgo richiama nella sua opera, dove per esaltare questa sensazione vengono aggiunti addirittura gli amaretti. Le spezie poi erano la conclusione logica in contrapposizione al dolce  e soprattutto per le tavole ricche come status da esibire ai propri ospiti.
 La cipolla porta con se tutto questo, è molto ricca di zuccheri,  ha una sua sensazione sapida e “piccante” che necessariamente, in questa ricetta, dobbiamo riuscire ad esaltare completamente, per dare i veri sapori di una volta e mettere il nostro ospite di fronte a qualcosa di realmente diverso. Un piatto ricco e superbo che deve essere onore ed orgoglio di ogni fiorentino visto i risultati che pochi prodotti umili di questa terra, se usati nel modo giusto riescono ad esprimere.
Questa una delle tante ricette…
…ma vi aspettiamo per assaggiare la nostra all’Osteria la Gramola  (www.gramola.it) per  conoscere il vostro commento.
La ricetta : Carabaccia fiorentina

3 cipolle rosse di Certaldo
300 ml di brodo vegetale (1 carota e 1 gambo di sedano, olio e sale)
Olio exreavergine di oliva delle colline di Firenze
2 cucchiai di mandorle tritate
1 cucchiaio di aceto
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 cucchiaino di cannella in polvere
parmigiano grattugiato
Affettare  finemente le cipolle e metterle in una casseruola di coccio con olio evo.  Rosolare per qualche minuto e poi farle lentamente appassire.
Aggiungere il brodo vegetale preparato in precedenza con carota e sedano, versando anche i pezzi di verdura nella zuppa, perché aggiungessero sapore.
Dopo un po’ aggiungere le mandorle tritate, un cucchiaio di aceto, lo zucchero e la cannella.
Lasciare cuocere a fuoco lento per circa 30 minuti.
Mettere la zuppa in recipienti monoporzione che potessero andare in forno. Spolverare  di parmigiano grattugiato, zucchero e cannella e passare per qualche minuto sotto il grill del forno.

domenica 5 gennaio 2014

Osteria La Gramola - dove la toscanità è di casa

Un locale caldo ed accogliente dove troverete i piatti della tradizione toscana, proposti nelle preparazioni originale e con gli ingredienti del territorio.
La tradizione ed i sapori veri del Chianti proposti dallo Chef Cecilia Dei
La cantina, molto interessante vi sarà proposta nei migliori abbinamenti usufruendo dell'aiuto del Sommelier Massimo Marzi